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Forze armate vestite "made in China"
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- Mercoledì, 18 Febbraio 2015
La procura di Roma chiede di processare 12 imprenditori accusati di frode. Le divise di carabinieri, forestale e finanza si dovevano confezionare nell’Ue. Hanno fatto confezionare in Cina le divise di carabinieri, militari, finanzieri, poliziotti e forestali. Dodici persone, tra imprenditori e dipendenti, sono accusati di aver preso parte a un’associazione per delinquere "che aveva come scopo la commissione di frodi nell’esecuzione di contratti di fornitura con lo Stato o con altri enti pubblici". In particolare, Carmelo e Piero Bucalo sono accusati di aver "costituito, finanziato e diretto tale organizzazione", il primo come amministratore della Mediconf spa e il secondo in qualità di socio. Tra il 2005 e il 2008, le società Mediconf e Gifrab srl si sono aggiudicate una serie di contratti di pubblica fornitura di divise. Al ministero della Difesa, ad esempio, nel settembre 2007 avevano assicurato la produzione di 134.320 uniformi da combattimento e 60 mila berrettini; un anno dopo 65 mila camice color kaki. Il contratto firmato nel dicembre 2008 con il Comando generale dell’Arma dei carabinieri prevedeva invece il confezionamento di 150 mila camice azzurre e bianche. Con l’Ispettorato generale del Corpo Forestale dello Stato si erano impegnati a luglio 2007 per la fornitura delle divise invernali ed estive e per i berretti maschili e femminili.
Nel contratto firmato alcuni mesi dopo Mediconf, in qualità di capogruppo dell’Ati Gifrab, aveva garantito alla Guardia di Finanza la produzione di 34.600 camice invernali grigio perla. Ancora, tra maggio e novembre 2005, la stessa impresa aveva chiuso con il ministero dell’Interno il contratto per la fornitura di giubbe estive maschili e femminili. "La frode – si legge nel capo d’imputazione – è consistita nel dissimulare la produzione del tessuto e il confezionamento delle divise presso gli stabilimenti delle ditte facenti parti del raggruppamento temporaneo di imprese, attività in realtà realizzate da ditte ubicate nella Repubblica Popolare Cinese. E nel fornire un prodotto finale non rispondente alle specifiche tecniche concordate in sede di aggiudicazione». In pratica, le società che si erano aggiudicate il contratto per la fornitura delle divise delle forze armate italiane, avrebbero dovuto realizzare la produzione dei capi d’abbigliamento nei loro stabilimenti situati in Bulgaria e nella Repubblica Slovacca. In realtà il confezionamento di camice, berretti e giubbe avveniva in Cina. Corrado Scali, procuratore della Mediconf, è accusato di «aver promosso il modello organizzativo criminale e predisposto mezzi idonei a eludere i controlli delle amministrazioni aggiudicatrici". Per tutti e dodici gli indagati il pm Corrado Fasanelli ha chiesto il rinvio a giudizio. L'inchiesta, nata a Palermo, è finita all'attenzione della procura di Roma perché proprio nei locali di una società di Fiumicino venivano immagazzinate le divise. I capi d’abbigliamento sarebbero stati oggetto «dell’espediente malizioso della doppia etichettatura». Lo dimostra una conversazione intercorsa tra Sergio Scali, uno degli indagati, che "avrebbe garantito il buon esito delle operazioni di collaudo" e una tale Serena. La telefonata – spiega la Procura – "documenta nitidamente l’attività di rimozione delle etichette sovrapposte, idonee all’importazione nel territorio Ue dei capi confezionati nella Repubblica popolare cinese, e la conseguente emersione delle etichette, di dimensioni inferiori, occultate e riportanti i dati dell’associazione temporanea di imprese, del contratto e della pubblica amministrazione aggiudicatrice". In pratica, le etichette "made in China" venivano mascherate per evitare che si scoprisse che le divise delle nostre forze armate non erano opera della sartoria italiana, ma di quella che, per antonomasia, viene ritenuta una produzione di scarsa qualità. (fonte Il Tempo)