Congedo per l’assistenza di figli con handicap grave
L’art. 42, comma 5, del D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, prevede che la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre nonché, dopo la scomparsa di costoro, uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata a norma dell’art. 4, comma 1, della legge 05/02/1992, n. 104, i quali si trovino nelle condizioni di usufruire dei benefici di cui all’art. 33, comma 1, del D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, ovvero all’art. 33, commi 2 e 3, della legge 05/02/1992, n. 104, hanno diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’art. 4 della legge 08/03/2000, n. 53, vale a dire un congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, durante il quale è loro corrisposta un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione.
Se trattasi di figlio minorenne è senz’altro possibile fruire del beneficio in questione anche se l’altro genitore non lavora; nell’ipotesi di figlio maggiorenne, non è necessariamente richiesta la convivenza ma, in tal caso, occorre che l’assistenza sia prestata in via continuativa ed esclusiva dal richiedente (madre o padre che sia). Nell’ipotesi che l’altro genitore non lavori e vi sia convivenza con il figlio maggiorenne portatore di handicap, è necessario dimostrare l’impossibilità da parte del genitore che non lavora, di prestare assistenza.
Il congedo spetta, di diritto, anche in caso di adozione e di affidamento di soggetti con handicap in situazione di gravità. Per gli affidatari, la durata massima del congedo non potrà superare il periodo di scadenza dell'affidamento.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 233 del 08/06/2005, ha dichiarato l’illegittimità della norma nella parte in cui non prevede il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle ad usufruire del congedo nell’ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati a provvedere all’assistenza del figlio portatore di handicap perché totalmente inabili.
Il beneficio, pertanto, spetta ad uno dei genitori e, solamente in caso di mancanza di genitori o di loro totale inabilità, ad uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con il soggetto portatore di handicap. Più recentemente la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 158 del 18/04/2007, ha ulteriormente ampliato l’ambito di operatività del beneficio, dichiarando l’illegittimità del citato art. 42, comma 5, “nella parte in cui non prevede, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti indicati dalla norma, anche per il coniuge convivente con soggetto con handicap in situazione di gravità, il diritto di fruire del congedo ivi indicato”.
Pertanto, a seguito di tale pronuncia, il diritto al congedo spetta, prima di ogni altro legittimato, al coniuge del portatore di handicap in situazione di gravità. L’inciso “in via prioritaria” contenuto nella declaratoria di incostituzionalità deve essere inteso nel senso che, ove l’handicappato conviva con il proprio coniuge, sarà quest’ultimo ad avere diritto al congedo; solamente se il coniuge non presti attività lavorativa subordinata ovvero, pur essendo lavoratore subordinato, rinunci espressamente a godere del congedo, lo stesso potrà essere chiesto dal genitore.
Quindi, il genitore del soggetto portatore di handicap ha diritto al congedo quando si verifichi una delle seguenti condizioni:
- il figlio non sia coniugato o non conviva con il coniuge;
- il coniuge del figlio non presti attività lavorativa o sia lavoratore autonomo;
- il coniuge del figlio abbia espressamente rinunciato a godere per lo stesso soggetto e nei medesimi periodi del congedo in esame.
Infine, un fratello o una sorella convivente con il portatore di handicap avrà diritto al congedo solamente se i genitori del disabile siano deceduti o siano totalmente inabili e,
contemporaneamente, si verifichi – rispetto all’eventuale coniugio del disabile – una delle tre situazioni appena indicate (portatore di handicap non coniugato, ovvero coniugato con soggetto non lavoratore dipendente, ovvero coniugato con soggetto che ha rinunciato al congedo in esame).
Con Sentenza n. 19 del 26/01/2009, la Corte Costituzionale è tornata sull’argomento dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il figlio convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.
Pertanto, dopo la Sentenza citata anche il dipendente che assiste il genitore con handicap grave, finora escluso dal beneficio, ha diritto a richiedere la concessione dei due anni di congedo retribuito.
Oltre alla relazione di coniugio o di parentela ora precisata, affinché possa usufruire del congedo in questione, il dipendente deve anche essere in possesso dei requisiti previsti per il godimento dei benefici di cui all’art. 33, comma 1 (prolungamento del congedo parentale), del D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, ovvero all’art. 33, commi 2 (permesso orario giornaliero) e 3 (permessi mensili), della legge 05/02/1992, n. 104. Quindi, è richiesto che il portatore di handicap non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.
Nel corso del congedo entrambi i genitori non possono godere dei benefici indicati ai commi 2 (permesso orario giornaliero) e 3 (permessi mensili) dell’art.33 della legge 05/02/1992, n.104, e al comma 1 (prolungamento del congedo parentale) dell’art. 33 del D.Lgs. 26/03/2001, n. 151. E’ da escludere poi, in linea con quanto precisato dall’INPDAP, la fruizione contemporanea del congedo parentale da parte di un genitore e del congedo retribuito in esame da parte dell’altro, in relazione al medesimo figlio portatore di handicap.
Per la fruizione del congedo è necessario produrre apposita istanza. Il dipendente ha diritto di iniziare il congedo entro 60 giorni dalla richiesta.
Il congedo in esame costituisce oggetto di un diritto potestativo del dipendente.
Conseguentemente l’Amministrazione non può negarne la concessione (neppure se vi siano altri familiari in condizione di prestare assistenza al disabile), ma solamente differirne la decorrenza per un periodo massimo di sessanta giorni dal momento di ricezione della richiesta del dipendente.
Il congedo può essere usufruito anche in maniera frazionata. Tuttavia non può superare complessivamente i due anni per lo stesso soggetto portatore di handicap (e ciò neppure nel caso in cui sia usufruito alternativamente dai due genitori ovvero nel caso in cui sia goduto in parte dal coniuge e per altra parte da altro legittimato). Inoltre, il periodo concesso per tale congedo rientra nell’ambito del periodo complessivo di due anni di congedo per gravi e documentati motivi familiari di cui all’art. 4, comma 2, della legge 08/03/2000, n. 53.
I periodi di congedo sono frazionabili anche a giorni interi. Il limite previsto dei due anni si computa secondo il calendario comune; si calcolano i giorni festivi e non lavorativi compresi nel periodo di congedo; le frazioni di congedo inferiori al mese si sommano tra di loro e si considera raggiunto il mese quando la somma delle frazioni corrisponde a trenta giorni.
Per potersi avere frazionamento del congedo è necessario che tra un periodo e l’altro di assenza ci sia ripresa effettiva del lavoro. E’ da escludere, quindi, ad esempio, la possibilità di fruire del congedo in esame dal lunedì al venerdì per più settimane, omettendo di computare il sabato e la domenica, nel caso di orario di lavoro settimanale articolato su cinque giorni.
Il periodo massimo di congedo (due anni) si applica complessivamente a tutti gli interessati, nell’arco della vita lavorativa di tutti, e può essere fruito alternativamente dagli aventi diritto.
I periodi di congedo straordinario rientrano nel limite massimo dei due anni di congedo, anche non retribuito, che può essere richiesto da ogni lavoratore, ai sensi dell’art. 4, comma 2, della legge 08/03/2000, n. 53 “per gravi e documentati motivi familiari”. I periodi eventualmente già fruiti dal dipendente a tale titolo devono quindi essere detratti dal limite dei due anni previsti per il congedo straordinario di cui trattasi. I periodi stessi sono inoltre incompatibili con la contemporanea fruizione dei permessi di cui alla legge 05/02/1992, n. 104, anche da parte dell’altro genitore.
Nell’ipotesi di più figli con handicap, il beneficio spetta per ognuno di essi, con i limiti indicati per i benefici della legge 05/02/1992, n. 104, previa verifica (tramite accertamento sanitario) dell’impossibilità di assistenza degli stessi usufruendo di un solo congedo straordinario.
Trattamento economico e normativo
Durante l’assenza il dipendente non può svolgere alcuna attività lavorativa e gli compete una retribuzione pari all’ultimo stipendio percepito. Il periodo è computato nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie.
Ne consegue che, in caso di godimento del congedo in esame, il periodo di ferie dell’anno di competenza deve essere proporzionalmente ridotto (cfr. in tal senso, Circolare INPDAP 12/05/2004, n. 31).
I periodi di congedo in oggetto sono valutabili per intero ai fini del solo trattamento di quiescenza; non sono, quindi, valutabili ai fini del trattamento di fine servizio.
Durante il periodo di congedo, frazionabile anche a giorni interi, il richiedente ha diritto a percepire un trattamento economico corrispondente all’ultima retribuzione percepita, cioè riferita all’ultimo mese di lavoro che precede il congedo, sempreché la stessa, rapportata ad anno, sia inferiore o pari al limite complessivo massimo di 36151,98 euro, importo da rivalutare annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.
Documenti da presentare
I documenti da presentare sono:
- istanza riportante i giorni di assenza richiesti;
- certificazione o dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445, riportante il legame di parentela o matrimonio con il familiare disabile;
- certificazione A.S.L. dalla quale risulti che il familiare assistito si trovi in situazione di handicap grave ai sensi dell’art. 3, 3° comma, della legge 05/02/1992, n. 104, fatte salve le eccezioni previste;
- certificazione o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445, che da parte della A.S.L. non si è proceduto a rettifica o non è stato modificato il giudizio sulla gravità dell’handicap;
- certificazione o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445, dalla quale risulti che il familiare disabile non è ricoverato a tempo pieno;
- certificazione o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445, dalla quale risulti che non vi sono altri soggetti che fruiscono dello stesso beneficio o di quelli previsti dall’art. 33, commi 2 (permesso orario giornaliero) e 3 (permesso mensile) della legge 05/02/1992, n. 104, e dall’art. 33, comma 1 (prolungamento del congedo parentale) del D.lgs. 26/03/2001, n. 151, per lo stesso familiare disabile negli stessi giorni;
- certificazione o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445, dalla quale risulti, se previsto, che il dipendente sia l’unico componente della famiglia che assista con continuità ed in via esclusiva il familiare disabile;
- nel caso di assistenza a più familiari portatori di handicap grave certificazione o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445, attestante che non vi siano altri familiari in grado di prestare la medesima assistenza;
- certificazione o dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445, circa l’esistenza in vita del familiare disabile per l’assistenza del quale sono stati concessi i previsti benefici;
- certificazione o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445, attestante la convivenza con il familiare disabile;
- certificazione o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445, dalla quale risulti, se richiesta, la posizione lavorativa dell’altro genitore;
- attestazioni, su carta intestata, dei datori di lavoro di tutti coloro, lavoratori dipendenti, che hanno diritto al congedo per l’assistenza allo stesso familiare disabile, da cui risultino i periodi del medesimo congedo già fruiti; in luogo di tali attestati può essere prodotta dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445.