Aspettativa per motivi di famiglia
L’aspettativa per motivi di famiglia è accordata sulla base di istanza motivata.
L’Amministrazione deve provvedere sulla domanda entro un mese ed ha facoltà, per ragioni di servizio da enunciarsi nel provvedimento, di respingere la domanda, di ritardarne l’accoglimento e di ridurre la durata dell’aspettativa.
L’aspettativa può in qualunque momento essere revocata per ragioni di servizio.
Il periodo trascorso in tale situazione non può superare un anno continuativo. Ai fini della determinazione di questo limite massimo, due periodi di aspettativa per motivi di famiglia si sommano quando tra essi non intercorre un periodo di servizio attivo superiore a sei mesi. Nella nozione di “servizio attivo” rientrano anche il congedo ordinario, i cosiddetti “recuperi delle festività soppresse”, i giorni di assenza per terapia salvavita, l’aspettativa per mandato amministrativo, i permessi sindacali retribuiti (quindi anche i permessi retribuiti per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza), il distacco sindacale, l’interdizione dal lavoro, i congedi di maternità e paternità, nonché i riposi giornalieri (quindi anche i permessi giornalieri) previsti dal D.Lgs. 26/03/2001, n. 151.
I periodi di aspettativa per motivi di famiglia si cumulano con l’aspettativa per infermità ai fini del raggiungimento del limite massimo di due anni e mezzo complessivi in un quinquennio.
Si ricorda che “in tema di pubblico impiego, nel caso di computo dei termini a mesi, non possono essere adottati mesi convenzionali di trenta giorni, né è possibile effettuare arrotondamenti o mutare arbitrariamente l’unità di misura temporale in cui è stato espresso un periodo di tempo, e nel caso in cui il tempo sia espresso in parte in mesi e in parte in giorni, esso va computato a mesi per la parte espressa in questa unità di misura ed a giorni per la restante parte”. Ne consegue che i limiti dell’aspettativa si computano secondo il calendario comune; si calcolano i giorni festivi e non lavorativi compresi nel periodo di aspettativa; le frazioni di aspettativa inferiori al mese si sommano tra di loro e si considera raggiunto il mese quando la somma delle frazioni corrisponde a trenta giorni.
Per motivi di particolare gravità il Consiglio di Amministrazione del C.F.S. può consentire al dipendente, che abbia raggiunto i limiti sopra previsti e ne faccia richiesta, un ulteriore periodo di aspettativa senza assegni di durata non superiore ai sei mesi, ai sensi dell’art. 70, comma 3, del D.P.R. 10/01/1957, n. 3.
Durante l’aspettativa in argomento non compete alcun assegno. Il periodo relativo non è utile ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione di aumenti periodici di stipendio, nonché del trattamento di quiescenza e previdenza.
Il dipendente che cessa da tale posizione prende nel ruolo il posto di anzianità che gli spetta, dedotto il tempo trascorso in aspettativa.