Congedo di maternità
Per effetto delle disposizioni in tema di congedo di maternità, già denominato astensione obbligatoria, è vietato adibire al lavoro la dipendente nei due mesi antecedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi alla data del parto nonché, nell’ipotesi di parto avvenuto dopo la data presunta, nel periodo intercorrente tra la data effettiva e quella presunta. Il periodo di due mesi precedenti la data presunta del parto va determinato intendendo i due mesi pieni, senza computare, quindi, il giorno dell’evento. Analogamente il periodo di tre mesi dopo il parto non comprende il giorno del parto.
La dipendente è tenuta a presentare, prima dell’inizio del periodo di divieto di lavoro, certificato medico riportante la data di parto presunta (la data indicata nel certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di previsione) e, entro trenta giorni, il certificato di nascita del figlio, ovvero la dichiarazione sostitutiva, a norma dell’art. 46 del D.P.R. 28/12/2000, n. 445.
Il divieto è anticipato a tre mesi dalla data presunta del parto quando la dipendente è occupata in lavori che, in relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli.
Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative. Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale, l'anticipazione del divieto di lavoro è disposta dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio.
A seguito della disposizione introdotta dall’art. 2 del D.Lgs. 23/04/2003, n. 115, il divieto di lavoro è esteso espressamente fino ai quattro mesi successivi al parto nel caso che la dipendente si avvalga dell’istituto della flessibilità di cui all’art. 20 del D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, del quale si dirà più avanti.
Paesi extracomunitari
La dipendente che si trovi in un paese extracomunitario presentera’ all’Amministrazione i certificati attestanti, rispettivamente, la data presunta e quella effettiva del parto, verificati da un medico di fiducia della locale rappresentanza diplomatica o consolare.
La locale autorità diplomatica o consolare fa effettuare controlli sugli eventi che hanno determinato il diritto alle prestazioni su richiesta dell’Amministrazione.
Aborto
Si considera aborto l’interruzione, spontanea o terapeutica, della gravidanza che si verifichi prima del centoottantesimo giorno dall’inizio della gestazione.
L’interruzione della gravidanza, spontanea o volontaria, nei casi previsti dagli articoli 4, 5 e 6 della legge 22/05/1978, n. 194, è considerata a tutti gli effetti come malattia.
E’ considerata invece come parto, a tutti gli effetti, l’interruzione spontanea, o teraupetica, della gravidanza successiva al centoottantesimo giorno dall’inizio della gestazione.
Per la determinazione dell’inizio del periodo di gravidanza si presume che il concepimento sia avvenuto trecento giorni prima della data presunta del parto.
La dipendente deve produrre, entro quindici giorni, il certificato medico attestante il mese di gravidanza al momento dell’aborto e quella che sarebbe stata la data presunta del parto.
Chiunque cagiona ad una donna per colpa l'interruzione della gravidanza è punito con la reclusione da tre mesi a due anni. Se il fatto è commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro la pena è aumentata.
Parto prematuro (art. 16, comma 1, lett. d), D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, e art. 15, comma 5, D.P.R. 11/09/2007, n. 170)
Nel caso che il parto avvenga in data anteriore a quella presunta, i giorni di congedo di maternità non goduti prima si aggiungono al periodo di congedo dopo il parto, fermo restando il limite complessivo di cinque mesi.
Per usufruirne è necessario presentare all’Amministrazione, entro trenta giorni dalla data del parto, il relativo certificato o la dichiarazione sostitutiva.
Quanto sopra vale anche nell’ipotesi di maternità anticipata che si verifichi durante il periodo di interdizione dal lavoro disposto dall’Ispettorato del Lavoro.
Nell’ipotesi che il neonato prematuro necessiti di un periodo di ricovero presso luoghi di cura, la dipendente madre può riprendere servizio presentando un certificato medico che ne attesti a tal fine l’idoneità e chiedendo di fruire del restante periodo di congedo di maternità complessivamente spettante a decorrere dalla data di ingresso in famiglia del bambino.
Chiunque cagiona ad una donna per colpa un parto prematuro è punito con la reclusione da tre mesi a due anni, diminuita fino alla metà. Se il fatto è commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro la pena è aumentata.
Flessibilità (art. 20, D.Lgs. 26/03/2001, n. 151)
L’art. 20 del D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, prevede la facoltà per la dipendente, a domanda, di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto fino ai quattro mesi successivi al parto effettivo.
Quanto sopra esposto circa la flessibilità del congedo in esame resta valido nelle more dell’individuazione da parte del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il decreto previsto dal comma 2 del citato art. 20 del D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, delle attività lavorative cui non si applica tale istituto. E’ appena il caso di rilevare che le disposizioni anzidette si intenderanno confermate, se l’appartenenza ai ruoli del personale delle Forze dell’ordine con qualifiche di polizia non sarà considerata d’impedimento all’esercizio della facoltà in esame.
Nelle more dell’emanazione di detto decreto, il ricorso all’opzione di cui trattasi è immediatamente esercitabile in presenza dei seguenti presupposti:
a. assenza di condizioni patologiche che configurino situazioni di rischio per la salute della dipendente e/o del nascituro al momento della richiesta;
b. assenza di un provvedimento di interdizione anticipata dal lavoro da parte della competente Direzione provinciale del lavoro – Servizio ispezione del lavoro – ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 26/03/2001, n. 151;
c. venir meno delle cause che abbiano in precedenza portato ad un provvedimento di interdizione anticipata nelle prime fasi della gravidanza;
d. assenza di pregiudizio alla salute della dipendente e del nascituro derivante dalle mansioni svolte, dell’ambiente di lavoro e/o dall’articolazione dell’orario di lavoro previsto; nel caso venga rilevata una situazione pregiudizievole, alla dipendente non potrà comunque essere consentito, ai fini dell’esercizio dell’opzione, lo spostamento ad altre mansioni ovvero la modifica delle condizioni e dell’orario di lavoro;
e. assenza di controindicazioni allo stato di gestazione riguardo alle modalità per il raggiungimento del posto di lavoro.
La dipendente interessata, ai fini del rilascio della prevista certificazione sanitaria, dovrà fornire ogni utile informazione circa le sopradescritte condizioni, esibendo copia dell’eventuale provvedimento di interdizione anticipata dal lavoro adottato dal Servizio ispezione del lavoro.
La dipendente interessata all’opzione in discorso deve presentare apposita domanda all’Amministrazione, corredata dalla certificazione rilasciata dal medico ostetrico-ginecologo del Servizio Sanitario Nazionale ovvero con esso convenzionato, e dal medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, previsto dall’art. 17 del D.Lgs. 19/09/1994, n. 626, acquisita nel corso del settimo mese di gravidanza, con la quale si attesta che la scelta operata dalla dipendente madre non arreca pregiudizio alla salute della stessa e del nascituro.
Resta inteso che, sussistendo l’obbligo di sorveglianza sanitaria, per cui trova applicazione l’art. 16 del D.Lgs. 19/09/1994, n. 626, l’opzione è esercitabile solo se entrambe le attestazioni mediche indichino l’assenza di controindicazioni per il lavoro da svolgere.
La nozione di medico competente va intesa in senso ampio, potendosi comprendere in tale figura oltre ai sanitari specializzati convenzionati con l’Amministrazione anche gli specialisti dei servizi di medicina del lavoro delle A.S.L., nonché gli ufficiali medici delle Commissioni mediche ospedaliere militari e privati professionisti specializzati in medicina del lavoro.
Adozioni e affidamenti (art. 26, D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, e art. 15, comma 9, D.P.R. 11/09/2007, n. 170)
Il congedo di maternità come sopra regolato compete, per un periodo massimo di cinque mesi, anche alla dipendente madre adottiva.
In caso di adozione nazionale, il congedo deve essere fruito durante i primi cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore nella famiglia della dipendente.
In caso di adozione internazionale, il congedo può essere fruito prima dell’ingresso del minore in Italia, durante il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva. Ferma restando la durata complessiva del congedo, questo può essere fruito entro i cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore in Italia.
L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero della dipendente.
Nel caso di affidamento di minore, il congedo può essere fruito entro cinque mesi dall’affidamento, per un periodo massimo di tre mesi.
Trattamento economico e normativo durante il congedo di maternità (art. 22, D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, e art. 15, comma 7, D.P.R. 11/09/2007, n. 170)
Alla dipendente madre posta in congedo di maternità è attribuito il trattamento economico ordinario nella misura intera, nonché il relativo trattamento accessorio.
I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità e al congedo ordinario. Gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella carriera, come attività lavorativa.
Il congedo ordinario e le assenze eventualmente spettanti alla dipendente ad altro titolo non vanno godute contemporaneamente ai periodi di congedo di maternità.
Sanzioni
L’inosservanza delle disposizioni contenute nell’articolo 16 del D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, è punita con l’arresto fino a sei mesi.