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Congedo per malattia del figlio

Per malattia del bambino bisogna fare riferimento solo a quei fatti morbosi, in fase acuta, ad andamento rapidamente evolutivo, che normalmente si presentano nel primo periodo di vita, e non anche a quelle situazioni, patologicamente anormali, che si risolvono in infermità di carattere permanente, tali da richiedere una ininterrotta assistenza.
Altresì, deve intendersi per malattia del bambino non soltanto la fase acuta di alterazione patologica in atto, ma anche quella della convalescenza in cui il bambino, dopo il superamento dei sintomi acuti, deve ancora recuperare le proprie normali condizioni biopsichiche e quindi ha necessità dell’assistenza da parte del genitore per prevenire ricadute ed assicurare il completo suo ristabilimento fisico e psichico.

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Riposi giornalieri

A. Riposi giornalieri della madre (art. 39, D.Lgs. 26/03/2001, n. 151)
La dipendente madre ha diritto nel primo anno di vita del bambino a due periodi di riposo al giorno, di un’ora ciascuno, anche cumulabili, a condizione che l’orario di lavoro sia di almeno sei ore; in caso di orario inferiore il periodo è ridotto ad un’ora di riposo.
I periodi di riposo sono di mezz’ora ciascuno quando la dipendente fruisca dell’asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dall’Amministrazione nel luogo di lavoro della dipendente o nelle immediate vicinanze di essa.

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Congedo parentale

E’ riconosciuto ai genitori il diritto di astenersi dal lavoro, anche contemporaneamente, nei primi otto anni di vita di ogni bambino.
Alla dipendente madre, trascorso il periodo di congedo per maternità, compete un periodo continuativo o frazionato di congedo parentale (già astensione facoltativa) pari a sei mesi; lo stesso periodo di congedo è riconosciuto al dipendente padre a partire dalla nascita del bambino, elevabile a sette mesi qualora eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi.

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Congedo non retribuito per adozione internazionale

In caso di adozione internazionale, la dipendente che, per il periodo di permanenza all’estero richiesto per l’incontro con il minore e gli adempimenti relativi alla procedura adottiva, non richieda o richieda solo in parte il congedo di maternità, può fruire di un congedo non retribuito, senza diritto ad indennità.
L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione certifica la durata del periodo di permanenza all’estero della dipendente.

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Congedo parentale per adozione e affidamento nazionale e internazionale

Nei casi di adozione o di affidamento preadottivo nazionale ed internazionale di cui all’articolo 36 del D.Lgs. 26/03/2001, n. 151, è concesso un corrispondente periodo di congedo straordinario senza assegni non computabile nel limite dei quarantacinque giorni annui.
Tale periodo di congedo non riduce il congedo ordinario e la tredicesima mensilità ed è computato nell'anzianità di servizio.
Nel caso di adozione o affidamento preadottivo i benefici di cui sopra si applicano dalla data di effettivo ingresso del bambino nella famiglia.

Congedo di paternità

La normativa attribuisce al dipendente padre lavoratore il diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre, di abbandono del figlio da parte di quest’ultima o di affidamento esclusivo al padre.

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Congedo di maternità

Per effetto delle disposizioni in tema di congedo di maternità, già denominato astensione obbligatoria, è vietato adibire al lavoro la dipendente nei due mesi antecedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi alla data del parto nonché, nell’ipotesi di parto avvenuto dopo la data presunta, nel periodo intercorrente tra la data effettiva e quella presunta. Il periodo di due mesi precedenti la data presunta del parto va determinato intendendo i due mesi pieni, senza computare, quindi, il giorno dell’evento. Analogamente il periodo di tre mesi dopo il parto non comprende il giorno del parto.

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Interdizione dal lavoro

La dipendente in stato di gravidanza può chiedere al servizio ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale di disporre, sulla base di un accertamento medico compiuto da strutture del Servizio sanitario nazionale, l’interdizione dal lavoro per periodi di durata variabile, determinata dal servizio stesso, fino all’inizio dei due mesi precedenti la data presunta del parto ovvero dall’inizio della gravidanza fino a sette mesi dopo il parto, in caso di gravi complicanze della gestazione o di preesistenti patologie che si ritiene possano aggravarsi con la gravidanza, ai sensi dell’art. 17, comma 2, lett. a), del D.Lgs. 26/03/2001, n.151.

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Controlli prenatali

La dipendente ha diritto durante la gravidanza ad assentarsi dal lavoro per effettuare esami prenatali, accertamenti clinici o visite specialistiche, se questi devono essere eseguiti durante l’orario lavorativo.
Le assenze si effettuano nella forma di permessi orari retribuiti, che non comportano dunque obbligo di recupero e possono estendersi all’intero turno di servizio, se per la durata dei controlli e tenuto conto di tutte le circostanze non è possibile il proficuo impiego della dipendente per il restante periodo della giornata lavorativa.
I permessi sono accordati a domanda, che deve essere integrata successivamente con la documentazione comprovante la data e l’orario di svolgimento dei controlli.

Tutela e sostegno della maternità e paternità

Documentazione
Al rilascio dei certificati di cui alla presente Sezione, salvo i casi di ulteriore specificazione, sono abilitati i medici del Servizio sanitario nazionale.
Qualora i certificati siano redatti da medici diversi da quelli di cui al periodo precedente, il capoufficio ha facoltà di accettare i certificati stessi ovvero di richiederne la regolarizzazione alla dipendente.
I medici dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro hanno facoltà di controllo.

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